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Visita di Papa Bergoglio in Iraq. Sicurezza e criticità.

La visita del papa in Kurdistan ed in Iraq che inizia domani, è certamente fra le più rischiose mai affrontate da un capo di stato e presenta delle criticità davvero uniche. La prima, sta nel fatto che si tratta di un viaggio pubblico e programmato, come si conviene a Sua Santità, aspetti questi che però  impediscono a chi si occupa della sua sicurezza, di poter sfruttare l’elemento sorpresa, fattore del quale si sono sempre avvalsi i capi di stato che si sono recati negli ultimi 15 anni in quella terra, in visite della cui effettuazione abbiamo saputo solo al loro rientro e sulle quali è stato mantenuto il più stretto riserbo.

Bisognerà poi considerare la natura dei luoghi che il Santo Padre visiterà ed il loro valore simbolico assunto sin dalla nascita e durante la crescita del cosiddetto califfato. Uno fra tutti i luoghi nei quali farà tappa il convoglio papale è proprio quella Mosul che è stata protagonista dei momenti fondanti del movimento terroristico che ha tenuto sotto gioco per anni quelle aree e colpito in numerosissime parti del mondo, la stessa Mosul che fino alla sua caduta è stata considerata la capitale del califfato.

Gli aeroporti e le basi nelle quali farà tappa e si baserà il convoglio papale, sono gli stessi nei quali operano strutture occidentali di contrasto ad Isis-Daesh con compiti di comando e controllo strategico oltre ad essere impiegati come punto di partenza per il lancio di azioni tese a smantellare ed a colpire ciò che resta di quella compagine ed è proprio per questo che, pur potendo garantire elevatissimi standard di sicurezza, rappresentano anche dei bersagli, prova ne siano i lanci di missili dei quali sono stati fatti oggetto recentemente.

Nel programma articolato ed impegnativo della visita, vi è poi la volontà di andare a dire messa proprio a Mosul, come ricordavo città simbolo del califfato dalla quale è partito il progetto di stato lanciato da al-Baghdadi e nella quale si sono perpetrate stragi di civili ed azioni che hanno fatto assurgere Isis-Daesh al livello della più pericolosa formazione terroristica esistente.

La visita arriva in un momento di tensioni e non bisogna dimenticare come quel gruppo terroristico sia ancora in grado di esprimere capacità tattiche estremamente pericolose e possegga ancora, pur se ridimensionata, la capacità di colpire gli obiettivi che si propone di annientare. Sono infatti dei giorni appena passati gli episodi relativi alle azioni di due attentatori suicidi a Baghdad e di un attacco missilistico portato ai danni della base aerea di Balad, poco distante dalla capitale.

Proviamo ora ad inquadrare il contesto nel quale è stato organizzato l’aspetto di sicurezza relativo alla visita papale. Negli ultimi quindici anni si è passati dalla gestione dei servizi di protezione e di contrasto al terrorismo, operata quasi totalmente da unità composte da forze armate occidentali e da società di sicurezza estere ad una centralizzazione di tali servizi sotto il monopolio governativo irakeno. Alla luce dell’ormai consolidato accentramento da parte dei servizi di sicurezza irakeni è logico aspettarsi che la gestione della intera vicenda sia operata dalla struttura governativa locale che attraverso apparati militari e di polizia provvederanno a garantire l’incolumità dell’ospite. Bisogna ricordare che alla nascita, alla crescita ed all’addestramento delle unità irakene utilizzate per tali scopi, hanno contribuito negli anni le forze armate ed i reparti di forze speciali di gran parte dell’occidente, compresi i nostri.

Non credo che le unità di Special Forces occidentali presenti sul terreno saranno impegnate, per così dire e per semplificare, “in prima battuta”. Gli irakeni ed i Curdi sono molto gelosi delle loro capacità di provvedere alle necessità legate ad una visita e ad un ospite di siffatta importanza e non perderanno l’occasione per mostrare al mondo quali siano le loro capacità organizzative e tattiche. Ritengo altresì possibile, se non scontato, che la struttura alleata presente sul terreno a livello comando, sia comunque impegnata in termini di supporto e di gestione di aspetti quali il controllo e la difesa delle aree coinvolte nella visita; basti pensare all’insostituibile attività di controllo del territorio che è possibile effettuare attraverso la terza dimensione, ovvero quella aerea, nella quale la fanno da padroni gli insostituibili droni della coalizione. Accorgersi per tempo di una possibile minaccia, coordinare le azioni necessarie ad eliminarla e migliorare il movimento e l’utilizzo dei team sul terreno è qualcosa che in situazioni di questo genere è assolutamente irrinunciabile ed indispensabile.

Riterrei quindi che si tratterà di fatto di una sinergia fra il governo irakeno ed il comando della coalizione anti Isis-Daesh e che malgrado un impiego preminente di dispositivi irakeni, una parte importante del lavoro di protezione dall’alto, di ascolto elettronico e di coordinamento di tutte le risorse impiegate sul terreno sarà svolto, appunto, dal comando della coalizione internazionale.

In termini tattici dobbiamo immaginare il dispositivo di protezione fisica come una serie di cerchi concentrici, nel primo dei quali, quello più interno per intenderci, saranno posizionati gli uomini della Gendarmeria Vaticana, personale questo che affronta cicli addestrativi congiunti con i nostri reparti di eccellenza nelle attività di controterrorismo e protezione come il Nono Reggimento d’assalto Col Moschin, Il GIS dei Carabinieri ed il NOCS della Polizia di Stato. Unitamente agli uomini della Gendarmeria faranno parte del dispositivo più prossimo a Sua Santità, anche gli operatori del Counter Terrorism Service delle FFAA irakene così come parteciperanno in Kurdistan le unità di controterrorismo ed intelligence della polizia, ma non credo sia fantasioso immaginare un dispiegamento di specialisti occidentali con compiti di “mentoring” e di supporto poco distanti dal centro della azione.