Omicidio in Congo di Attanasio e Iacovacci: domande che cercano risposta.
Esistono, alla luce dei drammatici avvenimenti di neppure 24 ore or sono culminati con l’assassinio dell’ambasciatore Attanasio e della sua scorta, il carabiniere Iacovacci, alcune domande di non poco conto alle quali bisognerà dare risposta nel modo più chiaro e nel minor tempo possibile.
Di seguito un breve elenco di quelle che riterrei essere le più essenziali.
Per quale motivo i nostri connazionali si trovavano in quella zona, malgrado tanto la comunità locale quanto quella internazionale, la considerino estremamente pericolosa e letteralmente infestata da gruppi che vanno dalle così dette Forze democratiche di liberazione del Ruanda, di fatto un organizzato movimento di guerriglia, a gruppi che orbitano fra il business del bracconaggio e l’affiliazione al califfato di Daesh?
Per quale motivo si sarebbero recati in una zona ad alto rischio senza adeguati assetti di difesa? Pensavano forse che il fatto muoversi sotto la bandiera del Programma Alimentare Mondiale, li avrebbe tenuti al riparo da possibili attacchi e/o tentativi di sequestro? Erano i nostri, consapevoli di quanto accaduto nel tempo in quella zona del paese? Sapevano della fine drammatica dei turisti inglesi uccisi nel 2018? Sapevano dello scontro a fuoco con diversi morti su entrambi i fronti fra i ranger congolesi ed i bracconieri accaduto pochissimo tempo fa, proprio in quella zona? Perché mettere a rischio così la propria incolumità? In ragione dell’ottenimento di quale obiettivo?
Chiunque si muova in contesti simili sa bene come una attenta pianificazione ed un altrettanto accorta scelta degli assetti e degli itinerari possano mettere al riparo da sorprese e fare la differenza fra la riuscita di una attività ed il suo completo fallimento, aspetto questo che a certe latitudini ed in certi luoghi significa mettere in pericolo la propria vita. Che tipo di pianificazione era stata attuata? Si basava su scelte ideate ed operate dall’ambasciata e dal povero carabiniere Iacovacci, oppure il dispositivo, il tragitto, l’assenza di un assetto di difesa, erano qualcosa che in qualche misura era stato “imposto” da chi aveva organizzato lo spostamento?
Sembrerebbe, ed in tal caso se confermato andrebbe davvero stigmatizzato, che l’ambasciata avesse da tempo iniziato la estenuante trafila burocratica per l’acquisto di una autovettura dotata di protezione balistica e parrebbe che le pastoie e le trafile necessarie per l’acquisizione di un simile e decisivo strumento di difesa, fossero tutt’altro che risolte. Questa notizia corrisponde al vero?
Bisognerebbe capire quali fossero le reali intenzioni di chi ha attuato l’agguato. Si è trattato di una aggressione armata finalizzata alla rapina, degenerata poi invece in un tentativo maldestro di sequestro una volta che gli aggressori si sarebbero resi conto di avere a disposizione degli occidentali che rappresentano, come è noto, una “merce preziosissima” in termini di ottenimento di un riscatto? Si sarebbe trattato invece di un sequestro pianificato male e realizzato peggio, ed in tal caso, chi lo avrebbe operato e con quali finalità ed in tal caso, si voleva colpire il nostro paese? Si voleva ottenere un riconoscimento, per così dire, politico e dando seguito a questa ipotesi, per quale motivo uccidere, a sangue freddo, immediatamente dopo la cattura, i due ostaggi senza aver ottenuto alcun tipo di contro-partita?
Ritengo che i nostri organi inquirenti, i nostri Servizi di Informazione, gli investigatori del ROS dei Carabinieri, abbiano le capacità, l’esperienza ed i mezzi per trovare le risposte e fare piena luce su quanto accaduto. Resta una terribile sensazione di disagio, conseguente al fatto che ci si trovi di fronte ad un barbaro assassinio che, forse, poteva essere evitato.