Morte ambasciatore Attanasio e CC Iacovacci: primo punto di situazione
In relazione a quanto accaduto poche ore fa nella Repubblica Democratica del Congo ed alla conseguente morte dell’ambasciatore Luca Attanasio e di un nostro militare dell’Arma Vittorio Iacovacci che faceva parte del dispositivo di protezione del diplomatico, sono ancora troppi i punti oscuri e decisamente troppo frammentarie le informazioni sin qui raccolte, per poter avere un quadro chiaro di quanto realmente possa essere accaduto.
Da quanto si apprende i due stavano viaggiando in una zona ad est del paese inseriti in un convoglio della MONUSCO, la missione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per la stabilizzazione nella Repubblica Democratica del Congo a bordo di una autovettura, per quanto si sa, priva di protezioni balistiche, quando sarebbero stati fatti oggetto di un attacco con armi leggere da parte di un non meglio identificato nucleo di assalitori, che secondo alcune fonti apparterrebbero ad un gruppo terroristico del quale al momento non si sa nulla e che avrebbe ucciso sul colpo un autista e forse il carabiniere di scorta all’ambasciatore, militare che è corretto ritenere fosse inserito nel dispositivo di protezione della ambasciata e del personale italiano sul posto.
Sullo svolgimento dei fatti esisterebbero poi due versioni, in una delle quali i due nostri connazionali sarebbero rimasti uccisi immediatamente, insieme ad un autista locale, mentre in un'altra l’ambasciatore sarebbe stato prelevato ed ucciso successivamente durante la caccia ai sequestratori scatenata dai Ranger congolesi immediatamente dopo il tentativo di sequestro. Appare evidente come, nel caso in cui si fosse trattato, appunto, di un tentativo di sequestro del nostro diplomatico, le cose assumerebbero tutt’altro significato, così come altrettanto grave sarebbe se ci si trovasse di fronte ad un attacco pianificato contro il nostro ambasciatore.
Sia come sia, si tratta di un fatto gravissimo nel quale per la prima volta in tempi recenti viene colpito a morte un diplomatico al vertice della nostra struttura di rappresentanza in quel paese. Riterrei quindi che vada fatta rapidamente chiarezza per comprendere quale sia la vera natura del gesto, così da capire chi se ne sia reso responsabile e se si tratti di qualcosa di mirato, ovvero di pianificato ai danni dell’Italia. Non bisogna dimenticare infatti che in quella nazione esistono gruppi criminali legati a fonti di approvvigionamento quali il bracconaggio e ad altri odiosi crimini, ma cosa ancor più importante, vi sono formazioni che in un passato recente hanno giurato fedeltà ad Isis-Daesh e che hanno iniziato azioni di disturbo ed attacchi armati ad interessi governativi. Bisogna comprendere come spesso a queste latitudini, le istanze del terrorismo di matrice islamica, si fondano con gli interessi dei gruppi criminali che vedono nella unione con la nota ed ancora pericolosissima organizzazione terroristica e con la realizzazione di una agenda condivisa, una opportunità di crescita grazie al sodalizio con una realtà capace di migliorare le loro capacità tattiche sul terreno e di dare maggiore risonanza alle loro azioni.
Ribadisco la necessità e l’importanza di comprendere al meglio la reale natura della azione e le dinamiche di svolgimento, anche in virtù della concomitanza di tale efferato gesto con l’inizio tra poche settimane della missione denominata Operazione Takuba, nella quale più di duecento operatori delle nostre Forze Speciali gestite da Comando Interforze per le Operazioni delle Forze Speciali di Centocelle, saranno schierati al fianco di altri partner europei ed impiegati insieme ai commandos francesi in attività di contrasto al terrorismo jihadista oltre che di mentoring ed addestramento delle forze armate dei paesi dell’area del Sahel.