A proposito della liberazione di padre Maccali e di Nicola Chiacchio.
Considerazioni sulla liberazione dei due ostaggi italiani in Mali
Quella della liberazione avvenuta in queste ore in Mali di un gruppo di ostaggi occidentali fra i quali i due nostri connazionali padre Pierluigi Maccali sequestrato in Niger due anni fa e Nicola Chiacchio rapito in circostanze stranamente ancora tutte da chiarire, è certamente una ottima notizia. I nostri più sinceri e riconoscenti ringraziamenti vanno al direttore dell’Aise, il generale Caravelli ed ai suoi uomini oltre che, a tutti coloro i quali hanno partecipato a vario titolo al raggiungimento di un così importante risultato.
Volendo provare ad analizzare quanto accaduto partendo dall’eccellente risultato ottenuto, non possono non essere fatte a mio parere alcune considerazioni.
La prima riguarda il fatto che al Queda è, più dei gruppi che si identificano nell’idea del califfato espressa da Isis e dal suo ideatore, Al Baghdadi, molto ben radicata e posizionata nella regione che comprende il Mali, il Burkina Faso ed il Niger. Lo è al punto da riuscire a realizzare azioni militari di notevole efficacia ed impatto, contro distaccamenti militari di forze d’élite francesi impiegate su quel terreno proprio a contrasto dei gruppi terroristici, che malgrado la caccia senza quartiere operata dai militari francesi e della coalizione, continuano a mietere successi sul campo. E lo è anche in ragione della abilità con la quale realizza e gestisce sequestri.
La seconda considerazione a mio avviso riguarda la rinata capacità organizzativa, strategica e tattica, dei gruppi quaedisti che in quella parte di mondo sono riusciti a soppiantare i loro, in qualche misura, rivali di Daesh, ridando vita ad una compagine che sembrava condannata ad esprimere la propria capacità di minacciare l’Occidente unicamente attraverso sporadicissime azioni ed i sempre più rari proclami lanciati in maniera stanca e priva di reale consistenza, dai loro leader nascosti da molti anni chissà dove e costretti ad una infruttuosa latitanza.
La terza riguarda il fatto che non si può non osservare l’assoluto disinteresse e distacco, quasi a voler marcare differenze sostanziali, di al Queda e dei gruppi che agiscono in suo nome, per i terrificanti aspetti di puro terrore ai quali ci aveva abituato Daesh nella realizzazione e gestione del sequestro di occidentali. Ciò che abbiamo conosciuto del cosiddetto Stato Islamico era il terrore fine a se stesso ed unico strumento utilizzato per annichilirci e per ottenere consenso, reclutamento ed affiliazione di nuovi soldati.
Abbiamo tutti ancora saldamente impresse nella nostra mente le immagini degli occidentali sequestrati, torturati e barbaramente uccisi da colui che a buon titolo è considerato il fondatore di Isis ovvero il terrorista giordano Abu Musab al Zarqawi morto a Baghdad nel 2004.
Al Queda ha invece mantenuto nel tempo, malgrado le enormi difficoltà e la perdita di consensi a vantaggio del rivale gruppo di Daesh, una considerevole capacità di organizzazione, gestione e capitalizzazione dei vantaggi economici e strategici dei sequestri.
La possibilità espressa nell’ideare, realizzare e gestire azioni di questo tipo, prolungando a detenzione per un periodo temporale lungo anni, è qualcosa di davvero notevole, anche in considerazione delle attività di contrasto che quotidianamente interi governi con i loro investimenti, gli apparati militari e di intelligence, pongono in essere nelle aree di interesse di aQ.
Oltretutto, in questa specifica circostanza, parrebbe che la formazione terroristica sia riuscita ad ottenere un risultato strategico notevole, se fosse confermata la contemporanea liberazione in Mali di circa 100 affiliati al gruppo che si ispira alle gesta dello scomparso Osama bin Laden., gesto questo che risulta difficile non mettere in collegamento con la liberazione di ostaggi occidentali.
Questa mai sopita e per alcuni aspetti rinnovata capacità operativa, credo debba farci riflettere tutti e ci obblighi a riconsiderare le nostre presuntuose convinzioni relative alla capacità di aver ormai ridotto al silenzio ed alla incapacità di azione questo tipo di nemici.