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Definisci paradiso.

 

Il caso del ritorno in Italia di Alice Brignoli e dei suoi quattro figli, è di fatto il primo del quale si abbia notizia relativo al rientro di una cittadina italiana, “effettiva” pur se nel parrebbe limitato ruolo di moglie di un combattente, che avrebbe militato o sarebbe stata contigua allo Stato Islamico. Appare evidente e giustificato il fatto che questo unicum, abbia fatto discutere e rappresenti motivo di confronto, sia tra gli addetti ai lavori che più genericamente nei media.

Quello del rientro dalle aree controllate dai curdi, che da tempo hanno allestito campi nei quali ospitare i nuclei familiari dei combattenti del Califfo al Baghdadi, è un tema che i curdi stessi hanno da sempre posto alla attenzione della comunità internazionale, al pari di quello relativo alla detenzione dei combattenti di Daesh che sono ospiti nelle loro galere e dei quali i governanti di quella regione vorrebbero rapidamente liberarsi, riconsegnandoli ai paesi di provenienza quali, ad esempio Francia ed Inghilterra, che, sia detto chiaramente, non hanno però alcuna intenzione di riprendersi.

La signora Brignoli ci ha raccontato quanto dura sia stata la vita, sia sua che dei suoi quattro figli, in special modo dopo la morte del marito, avvenuta parrebbe per una malattia contratta proprio nel campo profughi nel quale erano ospitati, cercando di consegnare alla opinione pubblica la versione di chi, in assoluta totale buona fede, aveva in parti eguali, da un lato assecondato la volontà del marito di trasferire tutti nell’area denominata Stato Islamico e dall’altro stia provando ad alleggerire le responsabilità che la giustizia e la magistratura le attribuiscono, in materia di reati collegati al terrorismo internazionale.

Quello del possibile recupero della Brignoli, dopo il giusto periodo di detenzione, all'interno della società che si proponeva di azzerare ed i cui cittadini avrebbe voluto schiavi dell’Islam più retrogrado e violento, quando non sterminati, è un tema che se non ricordo male è contemplato nella nostra Costituzione,, così come trovo corretto partire dalla considerazione che i quattro figli, due dei quali ancora in tenerissima età, non abbiano alcun tipo di responsabilità rispetto alle scelte folli e sconsiderate dei propri genitori. I bambini sono sempre vittime, anche quando, come accadeva negli anni passati in Africa, combattono armi e machete in pugno, uccidendo e ferendo su ordine degli adulti.

Un passaggio mi ha però particolarmente colpito nelle dichiarazioni a caldo della Brignoli ed è la seguente affermazione: “Siamo andati in Siria perché immaginavamo che quello governato da Isis potesse essere il paradiso!”.

Mi chiedo quale sia la concezione di paradiso che la signora abbia, visto che l’allegro gruppo familiare si mette in viaggio nel 2015. In quel periodo vi erano già state agghiaccianti testimonianze su quale fosse l’idea di governo di uno stato da parte dei seguaci del non compianto Califfo al Baghdadi.

Tralasciando quello che era all’epoca già accaduto in Europa per colpa dei barbari assassini in questione, che avevano ucciso a sangue freddo nelle nostre città decine e decine di civili inermi, devo immaginare che la famigliola non avesse fatto caso alle decapitazioni, alla lapidazione ed al linciaggio di donne e bambini, alle torture inflitte ed al lancio dai piani alti dei palazzi di abitanti accusati di omosessualità, ai sequestri di cittadini musulmani con il solo scopo di estorcere loro denaro, solo per citare alcune delle orribili nefandezze delle quali questi meschini tagliagole si sono macchiati.

Riterrei quindi che al di là dell’irrinunciabile obiettivo di giudicare senza alcun tentennamento il comportamento di simili soggetti, sia altrettanto importante mandare un messaggio, ovvero quello relativo al fatto che ordinamento democratico e rispetto della vita umana non significano in alcun modo ridimensionamento delle responsabilità e cieco “giustificazionismo”.