Iblid e Tripoli: una ghiotta occasione.
Il messaggio del redivivo Califfo al Baghdadi, dato per morto in almeno tre circostanze distinte e separate e puntualmente “risorto”, è di sole due settimane fa e nell’ultimo audio il terrorista più ricercato al mondo ci esortava a modo suo, a non considerare come definitivamente sconfitta, come spacciata, la sua creatura. Al di là del vago interesse mostrato dai più e della sufficienza con la quale l’opinione pubblica ha accolto le ennesime dichiarazioni di al Baghdadi, ecco che il repentino evolvere dei fatti di cronaca in due scenari, quello siriano e quello libico, potrebbe forse cambiare di nuovo le carte in tavola ed offrire al capo di Daesh/isis una ghiottissima occasione, tanto di riscatto agli occhi dei suoi seguaci quanto di fornirgli un formidabile strumento di propaganda. I fatti che in queste ore stanno accadendo in Siria ed in Libia giungono a mio parere quasi inaspettatamente a creare le condizioni utili a riportare al centro della scena un gruppo terroristico sconfitto sul campo di battaglia, ma ancora mortalmente pericoloso ed in grado di rappresentare una minaccia letale per i suoi numerosi nemici, occidente in testa.
L’approssimarsi dell’attacco ad Idlib in Siria, all’ultima roccaforte degli “insorti” da parte delle truppe lealiste siriane, coadiuvate da uno schieramento russo e supportate dal governo di Theran, potrebbe dare alle compagini estremiste di ispirazione salafita presenti in quei territori con più di una sigla, l’occasione per ricompattarsi e per mostrare al mondo che una cosa è averle sconfitte sul campo di battaglia siriano-irakeno nei precedenti scontri e ben altra è averle considerate, forse con troppa facilità, definitivamente estinte e non più in grado di rappresentare un pericolo. La storia di Daesh ci insegna che ad ogni attacco sferrato contro le loro roccaforti ed a ogni battaglia che si svolgeva secondo un copione sanguinosissimo ma in qualche misura già scritto ai danni dei terroristi, è sempre corrisposta una recrudescenza delle azioni commesse ai danni degli stati occidentali in generale, ed europei in particolare, come se la cosa più importante non fosse vincere o perdere la dove la battaglia infuriava, ma fosse piuttosto dimostrare una capacità offensiva globale, pur se limitata ad azioni ed attacchi spesso portati con tecniche e tattiche elementari e con scarsi risultati.
Idlib rappresenta lo scenario perfetto per la narrazione che ormai dovremmo aver imparato, vogliono proporre di loro stessi e del loro gruppo terroristico, i seguaci del Califfo. Una zona densissimamente abitata, con centinaia di migliaia di possibili ostaggi civili, con una situazione sul terreno che costringerà gli attaccanti dell’esercito siriano e la compagine russo-iraniana a scontri durissimi in ambiente urbano, rappresenta quanto di meglio per sviluppare un racconto del terrore che potrebbe durare mesi e che si presterebbe benissimo al rilancio delle quotazioni di Daesh dentro e fuori dal territorio più direttamente coinvolto nelle operazioni militari. La possibilità che in un momento di possibile drammatica escalation, i terroristi decidano di ingaggiarci anche in casa, lanciando azioni in Europa o più in generale in Occidente, è qualcosa che è già accaduto e su cui dovremo porre la massima attenzione. Bisognerà non sottovalutare poi il caos e le criticità generate dalla possibile fuga da quell’area di decine e decine di migliaia di profughi con la conseguente possibilità che tra i flussi di coloro i quali cercheranno di raggiungere l’Italia e l’Europa, vi siano anche come già accaduto in passato, effettivi dell’esercito del Califfo, pronti a colpire.
Analogamente a quanto sinora esposto, appare evidente come l’evolversi della situazione libica debba essere tenuto sotto strettissima osservazione. Il contesto è decisamente diverso da quello siriano, ma non per questo meno pericoloso per quanto attiene al rischio di una ulteriore escalation in negativo per quello che riguarda la nostra sicurezza. Le numerosissime milizie che dal nefasto 2011 si contendono guadagni e si spartiscono potentati e che si dividono la torta relativa all’indotto derivante dallo sfruttamento della risorsa energetica e del traffico di migranti, non sono ancora state né smantellate né disarmate e gli abitanti di quello che fu un paese ricco e stabile, siedono su una polveriera, alla quale è pronta a dar fuoco alla miccia, anche la compagine estremista più vicina al terrorismo islamista. Molti dei gruppi dei quali si sente parlare in queste ore hanno stretto negli anni passati accordi più o meno evidenti e solidi con compagini terroristiche presenti sul terreno, accordi funzionali alla eliminazione di rivali, alla spartizione ed al controllo di territori od al funzionamento di esigenze correlate ai business ai quali si accennava in precedenza. Si tratta di una galassia e di relazioni fra i diversi componenti caratterizzata da una grande fluidità, ma in grado di rappresentare una criticità davvero letale. Basti pensare alle prospettive di guadagno che si riaprirebbero per i gruppi criminali che hanno gestito in questi anni i flussi di immigrati clandestini e di profughi, che certamente sarebbero ben felici di riprendere esattamente da dove erano stati interrotti, forti anche di migliaia e migliaia di potenziali “clienti” in arrivo dal teatro siriano e da Idlib. In questo coacervo di interessi lucrosissimi e di rischi enormi, andrebbe a inserirsi la strategia di Daesh che potrebbe riguadagnare popolarità e risorse e che potrebbe riprendere a minacciarci in concreto dalle coste della Libia come ha ininterrottamente fatto nei recentissimi anni della guerra mai terminata.
Non è a mio parere avventato immaginare che la possibilità di una degenerazione della situazione negli scenari siriano e libico, possa quindi rappresentare quanto di peggio si possa immaginare in termini di pericolo diretto e di una nuova recrudescenza di Daesh/Isis, una compagine che in molti hanno, forse con