Natale con il Califfo
La perdita di Raqqa e Mosul, il progressivo sfaldamento della presenza dei combattenti di Daesh in Libia, la fuga precipitosa degli stessi da tutti gli scenari nei quali eravamo ormai rassegnati a vederli muovere ed agire da protagonisti e padroni, sono elementi che non devono trarci in inganno, facendoci pensare che si possa finalmente voltare pagina rispetto alle minacce ed ai proclami di sanguinaria vendetta pronunciati dal “ripetutamente morto” Califfo al Baghdadi. Il suo cosiddetto esercito, esiste ancora e malgrado le perdite sanguinose ed ingenti inflittegli dai Russi e dall’esercito lealista siriano, dai raid operati dagli Stati Uniti, dagli altri alleati e dalle numerose compagini che lo hanno combattuto in molti angoli del medio oriente e del nord Africa in questi anni, è tutt’altro che sparito dalla faccia della terra, prova ne siano le centinaia se non migliaia di combattenti lasciati allontanare dalla scena dei loro crimini, insieme alle famiglie, sui numerosi pulmann che li hanno portati in salvo dopo aver raggiunto una sorta di accordo di tregua nelle principali città sotto il controllo di Isis.
Resto del parere che il potenziale offensivo di questo movimento terroristico resti ancora pericolosamente attuale ed almeno in parte inespresso. Basti pensare al destino di molti dei cosiddetti foreign fighters che stando a report di intelligence e giornalistici, si sarebbero reintrodotti nei paesi dai quali erano partiti alla volta della Siria, del nord Iraq come anche della Libia e che rappresentano un pericolo così terribile da spingere i ministri degli interni e della difesa inglesi e francesi, ad augurarsi la loro morte in Siria piuttosto che il doverli scovare e doversi confrontare con loro una volta rientrati in patria.
In termini concreti sarà bene continuare a preoccuparsi della eventualità di attacchi “a grappolo” come quelli compiuti nel novembre del 2015 a Parigi culminati con il massacro del Bataclan o della azione di singoli terroristi come avvenuto alla discoteca Reina di Istanbul lo scorso capodanno, od ancora di azioni portate da piccoli gruppi di assalto come è stato nel caso degli attacchi all’aeroporto di Bruxelles e della stessa città turca. Ma resta altissima la minaccia sempre paventata ma fortunatamente ancora mai realizzata, della quale esisterebbero peraltro risultanze di intelligence, dell’utilizzo di auto o camion bomba o dell’uso delle cosiddette “bombe sporche” ovvero capaci di liberare nell’esplosione elementi radioattivi, come anche quella relativa al possibile uso di aggressivi chimici o batteriologici, questi ultimi due, invero più complessi da assemblare ed utilizzare.
Esiste poi la sempre attuale minaccia rappresentata dalla possibile attuazione di azioni con mezzi di circostanza che come è noto, possono andare dai camion, i furgoni e le auto ariete agli attacchi con armi da taglio. Di tutte queste minacce hanno ripetutamente parlato gli organismi di intelligence e di polizia dei diversi paesi europei oltre che la stessa Interpol, quindi mi sembra assolutamente sensato il fatto che il nostro Ministero degli Interni intenda mantenere invariato il già alto livello di emergenza e di attivazione delle nostre Forze di Sicurezza, ben capendo che un movimento terroristico come quello del quale si discute tiene in grandissima considerazione tanto l’aspetto simbolico nella scelta dei bersagli da colpire quanto quello relativo al momento nel quale le azioni vanno compiute e le festività natalizie rappresentano una contestualizzazione sin troppo appetibile per poterci permettere di abbassare la guardia, cosa che non potremo fare, temo, per un periodo davvero molto lungo.
Le nostre Forze di sicurezza hanno in questi anni dimostrato ampiamente di poter fare fronte alla minaccia e di saper individuare per tempo i progetti dei terroristi che si proponevano di attaccare il nostro paese, ma la sfida è ancora in essere e dovremo abituarci a dispositivi e strumenti di contrasto della minaccia, particolarmente presenti ed in taluni casi, invasivi.